Il Consiglio di Stato censura TripAdvisor, Sotto accusa alcuni claim pubblicati sul portale, ritenuti ingannevoli
In quest’epoca digitale sappiamo ormai bene tutti quanto sia importante la reputazione online e quanto possono influire i feedback positivi sui social o sulle piattaforme di prenotazione.
L’utente prima di scegliere l’hotel dove soggiornare, fa un’attenta analisi sui principali portali di booking ed oltre al prezzo considera le recensioni che i visitatori hanno lasciato alla struttura.
Proprio per questo motivo è scoppiato negli ultimi anni il caso delle recensioni false o ingannevoli, alcune strutture ricettive infatti hanno cominciato ad inserire recensioni false per aumentare il proprio punteggio su Facebbok, Google o TripAdvisor e non è mancata ovviamente la contro offensiva delle forze dell’ordine verso gli utenti e verso i portali stessi.
Accogliendo l’appello presentato dall’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, il Consiglio di Stato ha censurato TripAdvisor per aver diffuso informazioni ingannevoli sulle fonti delle recensioni.
Il giudizio ha riguardato, in particolare, alcuni claim che sono stati ritenuti «idonei a ingenerare in un utente medio di internet il falso convincimento dell’attendibilità e della genuinità delle recensioni pubblicate». Il portale dovrà pagare una multa di 100mila euro. La pratica commerciale scorretta era stata sanzionata dall’Antitrust nel 2014 in seguito alle segnalazioni formulate dall’Unione Nazionale Consumatori, da Federalberghi e da alcuni consumatori.
Federalberghi esprime apprezzamento per il pronunciamento del Consiglio di Stato, che conferma la necessità di bonificare un sistema inquinato dalle fake review. «È di pochi mesi fa la sentenza del Tribunale penale di Lecce – ricorda la federazione degli albergatori –, che ha definito un crimine il fatto di scrivere recensioni false sotto falso nome, e ha inflitto nove mesi di carcere a uno “spacciatore” di fake review, che scriveva e vendeva recensioni false utilizzando un’identità falsa».
«Ma l’opera, seppur meritoria, della magistratura non è sufficiente a mettere ordine in un mercato che viaggia alla velocità della luce. Basti considerare che è stato necessario attendere quattro anni per ottenere un giudizio definitivo del Consiglio di Stato su un singolo episodio contestato».
Ad avviso di Federalberghi, «la soluzione non può che risiedere in una robusta affermazione del principio di responsabilità. Il primo passo che i portali devono compiere per radicare un sistema in cui prevalgano le vere recensioni, scritte da veri clienti, che raccontano una vera esperienza, è un deciso Stop alle recensioni anonime e ai nickname di comodo. Ognuno dev’essere libero di esprimere la propria opinione. Ma le persone che leggono la recensione e l’azienda che viene recensita hanno diritto di conoscere la reale identità dell’autore e di sapere se sta raccontando frottole o un’esperienza autentica».