L’articolo 17 della legge n. 936 del 30 dicembre 1986 stabilisce che i contratti collettivi nazionali del settore privato debbano essere depositati presso l’Archivio Nazionale dei Contratti, istituito presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. A ogni contratto viene attribuito un codice. Le aziende comunicano mensilmente all’INPS, tramite il modello UNIEMENS, il codice del contratto applicato ai propri dipendenti. In questo modo, si rendono disponibili dati provenienti da fonte ufficiale concernenti il numero di aziende che applicano ogni contratto e il numero di lavoratori dipendenti ai quali il contratto stesso è applicato.
Secondo gli ultimi dati disponibili, esistono 19 contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) applicati alle imprese del settore turistico-ricettivo (codice ATECO 55). Nel complesso, tali contratti sono applicati da 33.088 aziende, per un totale di 267.045 lavoratori dipendenti in media d’anno. Il CCNL più applicato ai lavoratori del settore turistico-ricettivo (codice ATECO 55) è quello stipulato da Federalberghi (codice contratto H052), che viene applicato a 216.938 dipendenti, pari all’81,2% del totale. Seguono in graduatoria un CCNL (codice contratto H05B) applicato al 6,8% dei dipendenti e un CCNL (codice contratto H05Y) applicato al 6,5% dei lavoratori. Altri due CCNL (codici H05K e H058) hanno percentuali di applicazione intorno al 2% ciascuno. Ciascuno degli altri CCNL non raggiunge lo 0,5%.
È importante sottolineare che l’applicazione dei cosiddetti contratti “pirata” espone il datore di lavoro al rischio di sanzioni pesanti e lo priva della possibilità di accedere a interessanti opportunità. Anzitutto, il contratto leader fissa la retribuzione imponibile ai fini previdenziali (articolo 2, comma 25 della legge n. 549 del 1995). Inoltre, l’applicazione dei contratti sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale è indispensabile per il godimento di particolari benefici economici e normativi (articolo 1, comma 1.175 della legge n. 296 del 2006) e per usufruire di particolari misure di flessibilità nell’impiego di tipologie contrattuali no-standard (articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015). Ad esempio, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha ricordato che ciò può avvenire in relazione al contratto di lavoro intermittente, al contratto a tempo determinato o a quello di apprendistato.
Ne consegue che, laddove il datore di lavoro abbia applicato una disciplina dettata da un contratto collettivo che non è quello stipulato dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative, gli effetti derogatori o di integrazione della disciplina normativa non possono trovare applicazione. Ciò potrà comportare la mancata applicazione degli istituti di flessibilità previsti dal decreto n. 81 del 2015 e, a seconda delle ipotesi, anche la “trasformazione” del rapporto di lavoro in quella che, ai sensi dello stesso decreto, costituisce la “forma comune di rapporto di lavoro”, ossia il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.